Ciao Rahma_BI ti ringrazio per il cortese riscontro. Il motivo del rifiuto è chiaro ma è proprio ciò che mi permetto di contestare. La procedura così come organizzata ora non è trasparente né costruttiva. Prima riflessione: le caratteristiche del verbale dovrebbero essere oggettive (descrizione breve.. che vuol dire “breve”? connotazione che può variare secondo la sensibilità di ognuno quindi strumentalizzabile a piacimento) e standardizzate, magari mediante un form che PayPal stesso propone e che l’utente deve comunque farsi compilare da organi preposti. Seconda riflessione: la tipologia di denuncia richiesta dovrebbe fasarsi con la gravità della situazione. Ad oggi la mia denuncia contro ignoti per 200 euro avrebbe richiesto le stesse azioni burocratiche e investigative di un furto per 500.000 euro. Una denuncia è un atto giuridico, sempre e comunque, e chi la sottoscrive non può fare differenze. Ed è allora comprensibile che di fronte a certe “piccolezze” si venga invitati ad una pacifica conciliazione, evitando di appesantire inutilmente il lavoro delle varie Forze dell’Ordine. A meno chè PayPal non stia chiedendo un semplice documento proforma con cui si avvisano le Autorità del furto subito, ma ne consegue che l’attuale modalità di denuncia non va bene. Non è ragionevole che l'acquirente debba per forza dare inizio ad un iter i cui costi sono di gran lunga superiori al contenzioso. In buona sostanza dovrebbero esistere due diversi tipi di denuncia: la prima con validità per PayPal (o organizzazione simile) ma che non ha alcun effetto sulle attività delle Forze dell’Ordine e la seconda che ha invece validità per entrambi, ragionando ad esempio su una soglia di valore/tipologia di reato per passare da un tipo all’altro. Le due tipologie non possono collassare su una sola: ad oggi per un pacco da 3 euro o per uno da 15.000 viene richiesta la stessa documentazione. E’ comprensibile che qualcuno in Caserma scoppi a ridere, nonostante la più buona volontà. O che l’acquirente, dovendosi sbattere per andare in Commissariato, prendersi permessi dal lavoro o addirittura dovendo chiudere momentaneamente il proprio, lasci perdere. Tutto ovviamente a favore del venditore. Faccio un’ultima riflessione: in Italia esiste il Codice del Consumo che raggruppa le principali disposizioni vigenti in materia di tutela dei consumatori, adottate anche in attuazione della normativa europea, che regolano i rapporti tra gli stessi consumatori e i professionisti dettando i reciproci diritti e obblighi. Nello specifico il caso da me descritto ricade nel seguente articolo: Art. 63 Passaggio del rischio (1) Nei contratti che pongono a carico del professionista l’obbligo di provvedere alla spedizione dei beni il rischio della perdita o del danneggiamento dei beni, per causa non imputabile al venditore, si trasferisce al consumatore soltanto nel momento in cui quest’ultimo, o un terzo da lui designato e diverso dal vettore, entra materialmente in possesso dei beni. Inoltre se il danno emerge dopo la consegna, il professionista risponde comunque dei danni non immediatamente riconoscibili, ma imputabili al vettore o al trasporto Concludo: la ragione del rifiuto si basa su un regolamento davvero inconsistente e dai tratti truffaldini Grazie Vanessa
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